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Nuovi elementi sul caso Messina Denaro

Ogni anno di latitanza, per un capo mafioso, significa maggiore prestigio e rispetto tra i membri della propria organizzazione, ma anche tra i semplici simpatizzanti o fiancheggiatori. Ma per essere un capo vero, il latitante deve restare nel proprio territorio, possibilmente molto vicino al suo luogo d’origine. Tutti sanno che è lì, da qualche parte, ma chi lo cerca per arrestarlo non lo trova. È la storia di Matteo Messina Denaro ma anche di tanti altri capi di organizzazioni criminali prima di lui.

Da latitante, il capo criminale invece che perdere potere lo consolida: è presente ma è invisibile per chi lo cerca, in quella che è stata definita una “visibilissima invisibilità”. Il ritrovamento di tre case nella zona di Campobello di Mazara sottolinea come sia improbabile che in un paese di 11 mila abitanti almeno un certo numero di persone non sapesse chi era davvero l’abitante di quelle tre case. I latitanti mafiosi si nascondono quindi senza allontanarsi dal proprio territorio: mantengono il potere restando a controllare la propria zona d’influenza. Allo stesso tempo consolidano il loro prestigio e anzi lo aumentano lanciando ai membri della propria organizzazione un segnale di vicinanza e di sacrificio, dimostrando di essere disposti a rischiare la libertà pur di rimanere lì. In realtà c’è soprattutto un motivo per cui i mafiosi restano nella zona dove hanno sempre vissuto: si nascondono meglio. Solo nel proprio territorio riescono a godere di una rete di protezione che altrove non avrebbero: è quella che viene definita protezione di prossimità. Contrariamente a quanto è stato sostenuto in questi giorni da molti, il fatto di essere nascosto vicino a casa non rende necessariamente più facile l’individuazione e l’arresto. Il latitante che rimane nel proprio territorio si deve spostare pochissimo, comunica con l’organizzazione attraverso una rete fidatissima e circoscritta, si sposta solo in auto e per brevi tragitti. Di fatto, resta immobile e protetto, scegliendo quasi sempre case non grandi, confuse tra decine di altre. Non è lui a muoversi, ma i suoi complici. Quando il latitante non rispetta queste semplici regole diventa più vulnerabile: come è accaduto a Messina Denaro, che ha dovuto violarle per potersi curare. È anche plausibile che il fatto di essere colpito da una malattia estremamente grave gli abbia imposto priorità diverse rispetto all’abituale prudenza.


Il Direttore del Centro Studi Scienze Forensi, Alessandro Spano, dichiara:

" Man mano che procedono gli sviluppi sulle indagini in seguito all'arresto e vengono convalidati fermi e arresti dei fiancheggiatori, si fa sempre più lampante l'evidenza che i superlatitanti resistono alla cattura rimanendo all'interno dei loro territori soprattutto grazie al supporto di una certa parte della comunità che non tradisce la sua fede omertosa. Molto si deve ancora fare quindi nella costruzione di una cultura della legalità che ancora non appartiene appieno a questo Paese"

A cura di

Elisabetta Soldavini


Fonte:


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